In cima alla classifica delle preoccupazioni materne, un
posto d’onore è riservato all’alimentazione del pargolo.
“Non mangia!” è una sorta di ritornello tra le mamme che
accompagna ogni fase della crescita del bimbo.
“Ma come mai ora fa tante storie?” è un interrogativo che
assilla molte mamme e, alla fine, spesso, il “no” del bimbo a tavola viene
bollato come l’ennesimo “capriccio”.
Il rifiuto del cibo è legato a una fase della crescita del
bimbo che dura fino a circa 3 anni.
In sostanza, il periodo dei “NO” rispecchia il graduale
processo di distacco dalla madre verso una sempre maggiore autonomia.
L’ostinazione non è un capriccio, ma un segnale positivo del
percorso di crescita.
L’alimentazione non è una cosa a sé stante, è importante che
sia inserita nella relazione tra bimbo e adulto. Alla base di tutto, quello che
conta è la responsività materna, ovvero la capacità della mamma di rispondere
ai diversi bisogni del bambino nel migliore modo possibile.
Nel periodo dello svezzamento, il piccolo è incline ad
assaggiare e scoprire sapori diversi se il genitore introduce nuovi cibi in
modo corretto, non forzandolo e lasciandolo pasticciare.
È importante proporre di tutto se si è convinti che sia
giusto.
Se la mamma lo asseconda e lo lascia pasticciare, facilita
il fatto che lui, piano piano, comprenda il suo stato e capisca se ha fame. Si
percepisce autonomo e avverte anche che l’adulto ha riconosciuto questa sua
autonomia.
È molto importante mettere sul tavolo una buona varietà di
cibi, invitando il piccolo a scoprire gusti diversi.
Le abitudini
alimentari dipendono, in grande misura, da
quello che il bimbo percepisce e vede intorno a lui.
“Dare l’esempio” gioca un ruolo centrale durante ogni tappa
della crescita.
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